Tra Oriente e Occidente

Tra Oriente e Occidente

Le pagine di questo volume tracciano un viaggio vitale attraverso la diversità culturale del mondo globalizzato e verso l’interiorità della persona alla ricerca del senso della propria esistenza. L’Autore invita il lettore a condividere con lui questa avventura.

In un dialogo a tu per tu, Cinto Busquet offre spunti per la meditazione che si arricchiscono del suo originale background personale – la scoperta giovanile di Dio-Amore e la scelta di seguirlo nel sacerdozio; il trasferimento dalla nativa Catalogna al Giappone, dove ha vissuto a lungo approfondendo la cultura e la religione locali attraverso soprattutto fecondi rapporti umani e maturando così una ricca esperienza di dialogo interculturale e religioso; l’incontro con la spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich -. La fede, la ricerca e il rapporto con Dio, il senso del dolore e della morte, essere Chiesa: sono solo alcuni dei “temi” sui quali l’Autore medita e mette in comune umilmente con il lettore in questo ideale diario di viaggio affinché «la strada che ora ci apprestiamo a percorrere insieme aiuti entrambi a vederci più chiaro e ad ampliare la nostra visuale».

Tra Oriente e Occidente si compone di 36 brevi capitoli. Per averne un assaggio nella versione italiana, eccone di seguito il capitolo 3 – Una luce che non si spegne ed il capitolo 15 – Cultura e fede.


Prefazione di Alberto Lo Presti

Questo libro punta in alto. Anela a parlare di cose come il mondo, l’umanità, il senso religioso. Ora, i filosofi sanno che queste categorie richiedono la capacità di cogliere il nesso profondo fra l’uno e il molteplice. Di fatto, di fronte alla loro astratta unità siamo consci che esse si esprimono in modo plurale e vario. Se questo mette in difficoltà la ragione che vorrebbe tutto analizzare, se insidia l’esperienza sensibile che vorrebbe procedere per misurazioni, esso è tuttavia risolto dall’anima che ama.

Il soggetto protagonista di questo libro è l’anima. Innanzitutto è l’anima di Cinto Busquet, l’autore, focolarino, sacerdote di origini catalane trapiantato in Estremo Oriente. Ma nella sua esperienza si ravvisa pure quel principio vitale generale dell’uomo, quel “soffio” aperto a Dio, che rende l’anima sorgente spirituale protesa nell’amore verso i fratelli. Viaggiare dentro l’uomo e fuori di lui – nelle culture e nelle società – significa muovere da questo punto di partenza universale. Le tappe intermedie del viaggio sono l’identità e l’appartenenza, la cultura e i valori, i simboli e le credenze: ma raccolte nell’unica visione dell’anima che desidera amare, non esistono per creare artificiali confini, o per produrre inutili steccati. L’autore vive il senso dell’unità della famiglia umana, non come un ideale vago e utopico, ma come forza storica e spirituale che può abbattere le distinzioni di nazionalità, di cultura, di lingua, nel loro carattere negativo di conflittualità, per essere poi riattivate nella reciprocità in cui, in modi diversi, possono farsi uno. Cinto narra bene questa esperienza quando ricorda che – catapultato nel mondo giapponese – si propose, innanzitutto, di rinunciare il più possibile alla sua identità catalana, per tentare d’integrarsi, quasi confondersi, pienamente nel tessuto sociale e culturale nipponico, al fine di diventare dono totale alle persone verso le quali si sarebbe rivolto. E poi, scoprì che il suo essere europeo poteva diventare un modo per stabilire un ponte che avrebbe potuto facilitare il dialogo e, in molti casi, la comunione. L’autore ci dimostra che la conclamata incertezza del confronto culturale, prodotta dal centrismo antropologico e denunciata a vari livelli dalla letteratura odierna, è soprattutto una insufficiente capacità di leggere nel divenire dell’uomo quel disegno d’unità che affiora fra le pieghe della storia, fra i mille rivoli di un vissuto che riesce a dialogare nei piccoli gesti di una quotidianità ordinaria. Così, meditare tra l’altro sugl’insegnamenti del Buddha, armonizzandoli con la propria coscienza cristiana, diventa straordinariamente “normale”. Recuperare quanto di vero e santo c’è negli altri sistemi spirituali e religiosi non è solo un’esortazione dottrinale della Chiesa Cattolica, ma un’esperienza che si traduce in vita di tutti i giorni e in un progetto di evangelizzazione. Significa toccare con mano che i semi del Verbo sono disseminati in terreni diversi e costituiscono i pilastri sui quali fondare la comune appartenenza alla fraternità universale. Per tale via, da Girona a Tokyo, da Nagasaki alle Filippine, dal Tuscolo a Augsburg, in Cinto Busquet Gesù è il compimento dell’anelito di tutte le religioni e di tutte le spiritualità, secondo percorsi e simboli via via sempre diversi e plurali, in grado d’indicare la totalità della sua presenza.

Di solito, si dice – e si ritiene – che l’azione del Cristo e del suo Spirito è già misteriosamente presente in coloro che con sincerità e buona volontà vivono i precetti d’amore di altre visioni religiose. Cinto dimostra che questo mistero si svela giorno per giorno, incalzato dall’amore radicale a Gesù crocefisso e abbandonato, via, verità e vita che deflagra per investire con la sua esplosione tutta l’umanità alle prese con i dolori e le sofferenze quotidiane. Non a caso, soprattutto di fronte alla morte, alle malattie, alle tragedie perpetrate contro il genere umano, Cinto Busquet ha scritto – in questo libro – alcune fra le pagine più belle della sua esperienza di rapporto con i grandi interrogativi sulle religioni, il senso della vita e della morte, il Trascendente, la natura umana.

Ne emerge un quadro in cui incarnazione e inculturazione sembrano rinviare quasi a un medesimo processo. A tal punto che il dialogo fra le culture e le religioni puntella una nuova catechesi, nella quale c’è spazio per tornare a riflettere sulla bellezza attuale dei voti di povertà, obbedienza e castità, e nella quale anche i sacramenti diventano – così come li coglie Cinto Busquet – la linfa vitale che ci sostiene nel nostro “santo viaggio” della vita.

Quella di Cinto è una vera e propria comunione d’anima. L’ennesimo sforzo che l’autore fa per donare tutto se stesso, stavolta al lettore.
Alberto Lo Presti


Prefazione all’edizione catalana

Il libro Tra Oriente e Occidente: alla ricerca di un senso, di Cinto Busquet, è, così come esplicita il titolo stesso, un viaggio vitale attraverso la diversità culturale del nostro mondo globalizzato e verso l’interiorità della persona alla ricerca del senso della propria esistenza. L’autore ci invita a condividere con lui questo tragitto. Non si tratta, qui, di un racconto autobiografico, eppure tutto il libro è pregno della sua esperienza personale. Ci fa partecipi della sua intimità, delle sue convinzioni, e in tal modo il lettore diventa spontaneamente complice della sua avventura, compagno nella sua traiettoria. Il cammino che ci viene proposto è appunto quello della ricerca di una vita piena di senso. “Voglio offrirmi a te per come ora sono, con ciò che mi porto dentro e in cui credo e che ho vissuto, assumendo il rischio di farti entrare nel recinto della mia interiorità”. Non è un viaggio definito soltanto dal punto di partenza e da quello d’arrivo. Bisogna stare attenti alla traccia che lascia il proprio tragitto, che va, di pari passo, modellandone i tratti della personalità.

L’inizio di questo cammino è nell’esperienza, personale e di vita, della chiamata di Dio a seguirlo. Cinto Busquet, molto giovane, ancora adolescente, sente questa chiamata. La scelta fondamentale della sua vita è seguirne le orme. È la scelta di inforcare, dalla presenza di Dio in noi, il progetto della propria vita. “Credere implica accogliere la realtà per ciò che è in se stessa, senza ridurla a nostra misura accomodandola ai nostri gusti (…). Avere fede ha come conseguenza riuscire ad andare aldilà dei condizionamenti che la propria esperienza impone, accettare che la realtà sarà sempre più grande e più profonda di ciò che cogliamo e capiamo noi nell’attimo presente (…). Credere significa, umilmente, accettare di essere limitati e ascoltare con il cuore la testimonianza degli altri, ed essere aperti a Dio, che ci stupisce rivelandosi a noi, nella nostra storia, in modo imprevisto, mentre siamo in cammino”.

Il viaggio più grande dell’uomo nasce all’interno del suo cuore, quando ne offre la disponibilità a Dio. Si tratta di accettare la realtà dei nostri condizionamenti e tutte le nostre limitazioni, e allo stesso tempo aprirci totalmente alle potenzialità dello spirito alla ricerca del nostro senso trascendente. Seguire la chiamata di Dio, è ampliare al massimo il registro di prospettive della nostra vita umana. Ubbidire a Dio, è diventare più liberi. La libertà dei figli di Dio ci consente di dispiegare alla massima potenza le creatività del nostro progetto di vita. Il lavoro proposto dall’autore si fonda nell’intreccio tra libertà ed impegno, tra creatività e obbedienza, tra fedeltà e fiducia.

In questo progetto di vita, Cinto Busquet incontra compagni di viaggio ovunque. Dalla sua Girona natale fino al Giappone, scopre man mano amici, e fratelli. Con tutti loro stabilisce un dialogo vivo, rispettoso, sincero. È la grande avventura della comunicazione interpersonale, quella del dialogo nello spirito. È necessario iniziare la camminata dal voler sinceramente “conoscere” l’altro, con sguardo puro, scoprendo la ricchezza dei suoi valori. Dal conoscere, bisogna passare al “comprendere”; cioè, ad arricchire il proprio sguardo con lo sguardo dell’altro. E così, arrivare al traguardo del “condividere”, fraternamente. Ad ogni incontro di persone, e di culture e civiltà, il contesto ci invita ad eseguire questo processo. È un tessuto di rapporti compiuti di umanità.

Nel nostro mondo, in cui sperimentiamo la globalizzazione nel quotidiano, corriamo il rischio di guardare il mondo stesso e di non vederlo, di incontrarci fisicamente con le persone, però allo stesso tempo non conoscerle. La globalizzazione può diventare aneddotica, superficiale; bisogna entrare con stima nelle differenze di civiltà e culture per cogliere l’autentico spessore di ricchezza delle diverse collettività umane. Questo libro è la testimonianza di un dialogo interculturale e interreligioso vissuto, come esperienza personale, dal sentimento della fratellanza universale. Ed in tal senso, è utile constatare come l’autore, immergendosi in questo mondo globalizzato, ha sentito il bisogno di riaffermare il proprio senso di appartenenza, la sua “catalanità”, la fedeltà alla lingua materna. L’identificazione culturale, quella che ci permette di essere membri di un popolo in mezzo al concerto mondiale dei popoli, è operazione necessaria e fondamentale, per poter poi così esercitare la nostra condizione di figli della propria comunità culturale. Identificazione e universalismo sono pienamente interrelazionati nella vita del nostro.

A misura che procediamo nella lettura del libro, via via captiamo la testimonianza di colui che, seguendo la chiamata di Dio, va allargando il proprio orizzonte di vita. Seguire la strada di Dio implica assumere che la propria vita sia un progetto da realizzare, una missione da adempiere in seno all’umanità. La generosità nel mettere la propria esistenza al servizio di Dio e degli altri viene ampiamente ricompensata nel ricevere in cambio molto più di ciò che si dona. Per questo, Cinto Busquet si propone di accompagnare le persone alla scoperta del mistero del Dio fatto Uomo, di Gesù Cristo. È farsi, questo, servitore del messaggio evangelico, delle beatitudini; ed è, questa, la missione della Chiesa: “Se la Chiesa è considerata “santa” è perché i santi vi lasciano agire forte lo Spirito che tutto santifica tutto. L’istituzione e la gerarchia sono necessarie, ma senza i carismi dello Spirito che la fa fiorire in mille colori, la Chiesa sarebbe piuttosto un apparato che soffoca che non un focolare al cui calore tutti possiamo riscaldarci”. La Chiesa è Sacramento. La propria esperienza umana porta l’autore a comprendere la realtà sacramentale, che emerge anche dalla sua stessa vita e arriva a rendere presente la grazia che Gesù Cristo ci ha lasciato. Infatti, la sua missione sacerdotale, così presente lungo tutta l’opera, ci viene presentata come un servizio al dialogo che Dio ha aperto con l’Umanità intera attraverso suo Figlio. “Noi cristiani non dobbiamo convincere nessuno coi ragionamenti e a parole. Dobbiamo lasciare che Cristo stesso, vivo in mezzo a noi, si manifesti e tocchi il cuore di chi ci avvicina”.

Dio è Amore, e questa realtà è il fondamento della sua opzione di vita; è una consegna radicale, fatta d’interiorità e di totalitarietà. È un viaggio verso il nostro interiore spirituale che ci configura come persone, e allo stesso tempo è quel viaggio che ci proietta verso l’altro, verso gli altri: dal “cuore”, a ciò di cui Dio ci parla, a tutta l’umanità, da Oriente a Occidente.

Ricordo il colloquio che avemmo con Chiara Lubich quando, essendone presidente, la ricevetti nel Parlamento della Catalogna: l’orizzonte della politica fatta dall’impegno cristiano non è imporre un’ideologia specifica, né soltanto amministrare il confronto degli interessi particolari. È sapere indurre tutti i cittadini, attraverso la propria testimonianza, a tenere atteggiamenti di valori comunitari; fomentare la costruzione della comunità umana universale col senso della fraternità; fondare la tolleranza e il civismo sullo spirito di fratellanza. Non è facile, ma non è neanche un’utopia perché Itaca è il viaggio, se sappiamo vedere Dio nel volto del fratello.
Joan Rigol
già presidente del Parlamento della Catalogna


Commento di Giussepe M. Zanghí

Le frontiere del dialogo si dilatano sempre di più. E sempre di più il dialogo sta rivelandosi la cifra essenziale del futuro delle culture, della civiltà.
Prima che una scienza, il dialogo è un’arte, e come tale domanda intuizione, disponibilità, impegno totale.
Nel suo modo, il libro Tra Oriente e Occidente – alla ricerca di un senso di Cinto Busquet è un esempio vivo di tutto questo. Una galleria di culture religiose accostate come compagne di cammino, quel cammino serio che è la ricerca della Verità.
L’autore ci presenta gli universi religiosi da lui accostati con una forte empatia, che mai però tradisce l’identità di chi si offre al dialogo.
Leggere questo libro, nel dialogo che è la stoffa stessa del libro, è entrare nella carne di grandi culture religiose, in maniera non arida ma vissuta nel concreto di una vita che vuol essere tutta dono: dono alla Verità nel dono al fratello che con me, pur se in altre vie, cerca la Verità. Con la scoperta che queste vie, pur nella loro diversità, sono molto più vicine di quanto si pensi.

Giuseppe Maria ZANGHÍ


Commenti dei lettori al libro

Commenti a Tra Oriente e Occidente: alla ricerca di un senso

Nel suo libro, Cinto Busquet ha avuto il coraggio di mettere in primo piano un “io” senza schermi, di far entrare il lettore, prendendolo per mano come un amico intimo, in un’esperienza di vita e di spirito raccontata senza veli, quasi senza pudore (sul grande modello delle Confessioni). Ho trovato questo uso della prima persona, in dialogo diretto col lettore, molto coraggioso, nonostante tutto (cioè nonostante il fatto che l’esperienza spirituale in fin dei conti depotenzia proprio l’io…). Infatti, c’è differenza tra esperienza spirituale in sé, e il suo racconto, la sua cronaca, rivolta ad altri, a un pubblico. Il merito del libro è proprio quello di aver rinunciato fin dall’inizio al falso scrupolo della ritrosia, e di aver messo fin dall’inizio “i piedi nel piatto”, a chiare lettere, come a dire: “Questo sono io, cioè la mia storia, che può essere una delle tante, e tuttavia è unica, e può valere solo in quanto unica…”, e dunque l'”egoticità” si ribalta automaticamente in SINGOLARITÀ, ovvero nella sola cosa degna di interesse nelle vicende umane.
Francesco Lizzani
(Roma)

Ho letto con molto piacere il libro di Cinto Busquet Tra Oriente e Occidente.
Mi è parso di essere riuscito ad entrare nell’anima della sua profonda esperienza di vita. E’ stato un grande dono poter scoprire, dal di dentro, le sue sfide, lo sforzo di essere sempre più ‘nulla’ per comprendere l’altro, l’altra cultura, la bellezza altrui.
Questo libro – ma più, direi, questa lettera personale, personalmente diretta a me – mi ha aiutato a scoprire, nella mia vita di tutti i giorni, di ogni persona che incontro, la sua bellezza, di ogni realtà, la dimensione più vera, la sua essenza.
In modo tutto speciale, ho letto con tanto interesse la sua ‘scoperta’ dell’amore di Dio, di questo Dio vicino, di questo Dio amico… come lui lo descrive, come lui lo presenta, come lui lo fa sentire. E come questa ‘scoperta’ si è sviluppata, tra prove e successi, da un confine all’altro di questo globo.
Sento di essermi avvicinato un pochino di più all’”uomo”, all’umanità di ogni persona, e quindi – un pochino di più – all’ “Uomo”, Uomo-Dio.
Grazie, Cinto, di questo grande regalo!
Marco Desalvo
(Chicago, Stati Uniti)

Questo libro esprime il cammino di un uomo, un uomo che la vita porta a trovarsi a contatto con altre realtà e decide di fare nostra la sua esperienza nei diversi luoghi, culture, religioni e persone che incontra.
Il linguaggio utilizzato nella stesura è ampio, semplice: ci parla in prima persona e spesso ci mette a contatto con uomini e donne utilizzando i propri nomi come un po’ a renderli parte della nostra vita, togliendo quasi distanze e tempi. Ci presenta inoltre, nei vari contesti, parole proprie del posto, spiegandocene il significato e non limitandosi alla traduzione nella nostra lingua. Alcune parti del libro sono espresse come poesie, le frasi scorrono e noi ci troviamo a leggere, leggere, assaporare parola dopo parola, sentendole nostre e lasciandoci permeare da queste.
Questo viaggio tra luoghi e culture diverse è descritto nei particolari, tanto che ci sembra di sentire i profumi e l’atmosfera di quei momenti. Le parole sono di un cristiano aperto ad altre religioni di cui ce ne descrive linee di pensiero, spunti per maggiori approfondimenti da parte nostra.
Per noi è stato un libro molto utile: oltre a darci risposte su interrogativi che spesso ci ponevamo sulla nostra stessa religione, ci ha dato la conoscenza di altre religioni e ci ha presentato la comunione tra di esse: un Buddha che ci dice di liberarci dai desideri ci porta alla nostra esperienza di religione cristiana in cui il Signore ci parla di peccato, quel peccato che ci rende prigionieri e da cui Lui ci ha liberato .
Ci dona quindi conoscenza nuova, a noi già nota e resa più chiara, a noi sconosciuta e resa più comprensibile e vicina, ma soprattutto ci offre il dono della riflessione, su noi stessi, sulla nostra vita, su quella degli altri e soprattutto sulla bellezza dell’amore.
Marianna e Luca Colasanti
(Roma)

Quando ho personalmente incontrato Cinto ho realizzato finalmente un sogno: giungere in Oriente. Beh, può sembrare eccessivo, pensando che lui è un catalano e che io non sono mai stato in Giappone. Ma la sensazione è questa e di più. Cinto non si è affrettato a parlarmi dei luoghi e delle sue conoscenze, come avrebbe fatto qualunque occidentale inebriato dall’esotico soggiorno prolungato. Pensate: abbiamo cominciato a parlare… della scrittura! Poche battute, in verità, mi hanno fatto comprendere che entrare in quel mondo per me fascinoso non era questione di annullamento delle distanze esteriori ma interiori. Prossimo alla pubblicazione anche in italiano, ho avuto la gioia di leggere in anteprima il suo libro. L’ho letto, come avrete capito, subito, avvinto dalla curiosità; tuttavia, sin dalle prime pagine Cinto richiede un altro tipo di lettura fatta di partecipazione, rispetto, ascolto, libertà liberata, semplicità di cuore, un freno deciso ai pregiudizi, insomma: ti invita a camminare lungo i viali della sua memoria per renderti partecipe dei suoi vissuti, rimescolati e continuamente rigenerati come fa il fondale marino durante le mareggiate. Nel loro genere, pochi libri hanno prodotto in me questa percezione: un colloquio profondo con un giovane uomo che tenta con tutte le forze di allargare i suoi orizzonti sul mondo che è sempre al-di-là-di-te, in “mezzo-a-noi” ma anche dentro-di-te. Il Giappone è solo uno di questi, quello più singolare, ma ci si accorge subito che in queste pagine ce ne sono tanti quante sono le persone che Cinto ha incontrato. Un macrocosmo, quello orientale, che vive di un’energia tutta spirituale e che è racchiusa in piccoli frammenti di vita vera, quella che ci racconta Cinto, anche se sofferta alle volte. Che sorpresa scoprire che ci sono anch’io. Sì, mi sono ritrovato in un dialogo che movendo le leve della mia libertà senza forzarle mi ha sospinto a ripensare o almeno a confrontarmi in modo vivo, fresco, all’altezza dei tempi. Cinto vuole solo trascorrere in modo autentico, senza filtri, un po’ di tempo con te, osservare e riflettere ad alta voce di tutto ciò che è umano, lo stesso umano che è nel fondo di ogni anima a qualunque latitudine si trovi e nel quale ha fatto irruzione l’Infinito, l’Eterno. A questo Cinto punta, senza fretta. Alla fine non senti di aver ascoltato o letto soltanto un libricino stralciato magari da un diario, senti invece di aver “vissuto” qualcosa.
Vincenzo Di Pilato
(Corato, Bari)

Penso che questo libro potrà molto aiutare persone che, in qualche modo e forse con non troppa profondità, già hanno un minimo di conoscenza e di esperienza di fede. Apprezzo molto lo stile semplice e comunicativo, che riesce a veicolare contenuti di spessore senza troppi giri di parole e senza inutili complicazioni, grazie alla forma data a quei contenuti: la condivisione di esperienze di vita.

Nella lettura mi sono lasciato piacevolmente guidare da Cinto e dagli itinerari che di pagina in pagina prepara e segue; itinerari che sanno unire la topografia dei luoghi con quella dell’anima, nell’affrontare temi che possono essere unificati a partire dall’unico intento che probabilmente aveva: quello di allestire una specie di “introduzione esperienziale al cristianesimo”, nella quale illustrarne la realtà, a partire dai due pilastri costituiti, ad extra, dal confronto con le religioni e, ad intra, dal dono dei sacramenti. Una specie di mistagogia ecclesiale per il cristiano secolarizzato ma non disattento, veicolata dalla sua personalissima esperienza con Gesù, incontrato attraverso il canale del Movimento dei Focolari. E devo dire che proprio il suo modo di affrontare quei due temi portanti (le religioni e i sacramenti), mi ha particolarmente coinvolto e arricchito.

Spero che le poche righe che ho scritto, riescano almeno un po’ a rendere giustizia di quello che considero un tentativo riuscito di divulgazione teologica, realizzato attraverso quello che è forse l’unico modo per poter oggi parlare di Dio (teologia), con l’aspettativa che qualcuno ascolti: attraverso quelle ragioni del cuore nelle quali verità e amore siano finalmente un’unica cosa.
Fabio Di Palma
(Crotone, Calabria)


Tra Oriente e Occidente si compone di 36 brevi capitoli. Per averne un assaggio nella versione italiana, eccone di seguito il capitolo 3 – Una luce che non si spegne ed il capitolo 15 – Cultura e fede.

Capitolo XV: Cultura e fede

Se è difficile parlare delle altre religioni senza incorrere in imprecisioni o interpretazioni parziali o addirittura erronee, molto di più può esserlo per un occidentale quando affronta le grandi tradizioni spirituali asiatiche. Ci vuole molta delicatezza e umiltà, e non avere troppa fretta di trarre conclusioni. Religioni con più di duemila anni di storia non possono essere inscatolate in recipienti troppo ristretti, e nemmeno essere interpretate in maniera esauriente da paradigmi di pensiero creati senza aver avuto di esse alcuna conoscenza. Questo non significa fare concessioni ad un relativismo intellettuale che non ammette certezze, ma sottolinea semplicemente la necessità di essere onesti ed ammettere i limiti del proprio pensiero. Il cristianesimo si è storicamente sviluppato assumendo una propria forma teologica nel contesto degli schemi della filosofia greca e istituzionalizzandosi sotto l’influsso dell’organizzazione e del diritto romani. Nonostante sia sorto nel mondo semitico e -come tutte le grandi religioni mondiali- sia nato dunque in ciò che oggi chiamiamo Asia e non in Europa, negli ultimi cinque secoli il cristianesimo è stato portato dall’Europa negli altri continenti con un “vestito” che, soprattutto asiatici ed africani, considerano troppo occidentale, e comunque non necessariamente l’unico possibile col quale poter presentare la Chiesa di Cristo ed il suo messaggio.

Negli ultimi decenni si è parlato molto di inculturazione tra i cristiani impegnati a portare il Vangelo nel mondo di oggi, in un modo adeguato ai tempi e alle diverse culture. Non si tratta di un processo di adattamento superficiale o di una strategia di marketing per “vendere” meglio il prodotto, in questo caso la religione. Il cristianesimo, come ogni religione, non può esistere se non esprimendosi “culturalmente”, cioè secondo un linguaggio e dei simboli comprensibili e significanti per uomini e donne concreti, che vivono inseriti in popoli che possiedono una specifica cultura. Non può esserci, dunque, né esperienza religiosa né annuncio di un messaggio spirituale senza “inculturazione”. La Chiesa, essendo per natura “cattolica”, cioè universale, mettendo radici tra i popoli più svariati, produce automaticamente molte “inculturazioni” del messaggio che porta. Ciò non significa che ci sia bisogno di “creare” o di “aggiustare” contenuti. La Buona Novella del Vangelo è la stessa per tutti: “Dio si è fatto vicino a noi in modo definitivo e pieno in Gesù, il Cristo. Se l’accogliamo e lasciamo che ci trasformi il cuore, una vita nuova potrà incominciare anche per noi. Se viviamo nell’amore come Gesù ci mostra e propone, in noi e attorno a noi, si renderà presente Dio stesso, e in Lui troveremo internamente ed esternamente l’armonia e la pace”. Il seme che viene sparso nell’annuncio del Vangelo è sempre lo stesso, ma il suolo su cui questo cade è sempre diverso, così come lo è l’habitat dove la pianta cresce. Il seme potrà veramente diventare tutto ciò che è in potenza, se cade in un suolo che riunisca le condizioni necessarie a permetterne la crescita, e se riceve luce e acqua a sufficienza. Non dobbiamo preoccuparci di “rifare” il seme secondo i nostri calcoli, giacché sappiamo di poterci fidare di Cristo, che è in ultima istanza colui che lo semina attraverso di noi nei più svariati campi, e noi stessi abbiamo potuto constatare che il seme in sé è buono. Dobbiamo semplicemente lavorare i campi in modo che questi possano far germinare i semi, e assicurarne la crescita fino al compimento, fino al momento in cui i fiori sbocceranno, e successivamente si potranno raccoglierne i frutti.

Quando arrivai in Giappone avevo venticinque anni, e tanto slancio nel voler penetrare quel mondo nel quale, sentivo, le strade di Dio mi avevano condotto in modo per me del tutto inaspettato. Come già accennato, sono catalano di origine e, da piccolo, appunto, faticavo a capire il perché alcune persone venute ad abitare da noi non facessero il minimo sforzo per imparare la nostra lingua, pur rimanendo a lungo in Catalogna. Siccome in quel momento la dittatura militare aveva imposto lo spagnolo come unica lingua ufficiale in tutta la Spagna, si può capire che probabilmente fossero anche condizionate dalla situazione politica di allora. Comunque, per quel che mi riguarda e che è ora ciò che vorrei condividere, questa situazione rafforzò in me la decisione che, nel caso in cui fossi mai andato in futuro ad abitare da altre parti, mi sarei impegnato per quanto potessi per rendere mie lingua e cultura del paese che mi avrebbe ospitato.

In Giappone, man mano che gli anni passavano, pur sentendomi sempre più a mio agio in quell’ambiente e assimilando sensibilità e cultura giapponesi, allo stesso tempo riscoprivo me stesso nella mia identità culturale europea di base. L’inculturazione del messaggio evangelico non potevo, dunque, farla io in prima persona. Potevo, senz’altro, dare il mio contributo nella misura in cui avrei stabilito rapporti di autentica comunione con i miei compagni e amici giapponesi, facendo in modo che potessero esprimersi naturalmente così com’erano, senza obbligarli ad adattarsi alla mia mentalità o alla mia maniera di impostare le cose. Difatti, tanti giapponesi quasi sempre si adeguano inconsciamente alle aspettative e ai modi di fare degli altri, essendo stati educati ad evitare lo scontro e a mantenere l’armonia -sia pure magari solo apparente- dei rapporti.

Il fare gli studi di filosofia e teologia, in preparazione all’ordinazione sacerdotale, a Tokyo, nell’Università Sophia, mi aiutò a riflettere a fondo sul problema dell’inculturazione del cristianesimo in quel mondo: lì potei per diversi anni, attraverso i miei compagni e professori -praticamente tutti giapponesi-, approfondire da una prospettiva orientale i “contenuti” della fede cristiana, e cercare di capire assieme a loro come esprimerli in modo accessibile e attraente nel contesto giapponese. Molti di loro erano stati battezzati in età adulta, e anche quelli nati da famiglie di tradizione cristiana erano stati educati in ambiente culturalmente pregno della naturale religiosità giapponese scintoista e della visione buddhista del mondo e della persona. Pertanto il nostro studio della teologia cristiana non poteva non tener conto delle tradizioni spirituali che li avevano forgiati, ossia: lo scintoismo, come religione autoctona che ha modellato la religiosità popolare; il buddhismo, come religione di cultura che fornisce risposte ai grandi interrogativi esistenziali; e il confucianesimo, come sistema di pensiero che è alla base dell’organizzazione sociale e politica del Giappone e che fino ai nostri giorni ha configurato il modo di rapportarsi, sia in ambito familiare che lavorativo e sociale in generale.

Era pertanto evidente che i miei fratelli cristiani giapponesi, se si lasciavano illuminare e trasformare dal Vangelo in tutto ciò che erano e che facevano, non solo all’interno della Facoltà di Teologia ma in qualsiasi ambiente ecclesiale giapponese, stavano già operandone un’inculturazione, che non soltanto permetteva loro di vivere coerentemente la propria fede nella loro società e a tutti noi di far conoscere intorno il vangelo in maniera più efficace, ma arricchiva anche la Chiesa universale di qualcosa di nuovo che mostrava meglio a tutti alcune delle innumerevoli sfaccettature del cristianesimo.

È stato detto che il secolo XXI sarà caratterizzato dall’incontro tra Oriente e Occidente, tra il cristianesimo e le tradizioni spirituali asiatiche, e che questo indurrà un salto qualitativo nell’evoluzione del pensiero e della sensibilità dell’umanità nel suo insieme. Senz’altro, siamo già ora in piena globalizzazione, ed è auspicabile che questa non comporti soltanto l’interazione a livello economico, tecnologico o informativo, ma permetta anche, al mondo occidentale, di lasciarsi interpellare culturalmente in profondità, e non solo dalle civiltà orientali, ma, ad esempio, anche dai valori e dalla storia dei popoli africani o del mondo arabo. In questo senso la Chiesa, chiamata ad essere luce del mondo in quanto “laboratorio di umanità”, potrà dare il suo insostituibile contributo se si assume seriamente e coerentemente il bagaglio spirituale dell’umanità intera, come sta ormai facendo da quarant’anni, da quando cioè il Concilio Vaticano II, nella dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, affermò solennemente che “la Chiesa Cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni” (Nostra Aetate 2). Certamente, non va trascurato lo spirito di discernimento ed è necessario saper distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è; ma in ogni caso è sempre indispensabile avvicinarsi alle altre religioni con spirito umile e con disponibilità ad apprendere, se vogliamo che il messaggio cristiano si esprima sempre più, nei diversi ambiti culturali, in tutta la sua portata ed ampiezza.
Cinto Busquet

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